• In Sardegna, il culto dei defunti e il rispetto verso le anime, buone o cattive (in sardo: bonas o malas), ha radici molto profonde e continua a persistere.  Fin dall'epoca nuragica, gli abitanti dell'isola credevano che la morte non rappresentasse la fine definitiva, ma piuttosto un passaggio verso una dimensione spirituale differente. Sebbene le anime risiedano in un altro mondo, si crede ancora oggi che in alcuni giorni esse possano avvicinarsi ai vivi. 

    Tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, questa connessione tra i due mondi è percepita come particolarmente sottile, in sintonia con altre culture europee come quella celtica, da cui derivano i moderni festeggiamenti di Halloween.

Cosa sono Is Animeddas?

  • In tutta la Sardegna, queste giornate vengono commemorate con celebrazioni simili, conosciute come "Is Animeddas" (piccole anime), "Sos Mortos" (i morti) e "Su Mortu Mortu" (i morti-morti). In Sardegna, le usanze e le credenze che accompagnano la settimana di Ognissanti portano con sé l’essenza di una tradizione antica e profondamente sentita. A Buddusò, nel cuore del Logudoro - nella parte centro nord dell’isola -, il venerdì precedente al 1° novembre era d’uso non mangiare carne: a tavola veniva servito solo un minestrone, preparato con le verdure raccolte dall’orto di casa.

    Durante questa settimana, un rito dal significato speciale è quello di “sa lemusina” l’offerta di un’elemosina in memoria delle anime dei defunti. Questo dono, un tempo costituito da cipolle, patate e verdure di stagione, oggi include principalmente zucchero e caffè, segno di un affettuoso ricordo condiviso con parenti e vicini di casa. Un’usanza particolare è inoltre quella di regalare sigari ai fumatori, in ricordo dei cari che amavano fumarli, condividendo così una piccola parte della loro memoria.

Come si festeggia la festa dei morti in Sardegna?

  • Tra le tradizioni più diffuse vi è poi la “tavola apparecchiata.” La notte del 1° novembre, nelle case sarde, le tavole venivano lasciate pronte per accogliere le anime dei defunti, che si pensava tornassero a visitare le loro dimore. La credenza era che, trovando un piatto caldo e un bicchiere di vino, i defunti si sentissero i benvenuti, e portassero protezione e sostegno alla famiglia. Se in passato la cena tipica erano le fave, oggi è la pasta, tipica del paese, ad essere il piatto principale. 

    A Bonorva, nell’ovest della Sardegna, la tovaglia bianca fa da sfondo a un piatto di pasta tipico, pane, salsiccia e vino, accompagnati da una candela accesa e una foto del defunto, quasi a voler tenere viva la presenza di chi non c’è più.

    In rispetto ai defunti, non si spazzava la casa, per timore di “scacciarli” inavvertitamente. Inoltre, durante queste giornate, non si effettuava un trasloco, così che le anime potessero sempre trovare la propria famiglia in casa, nella certezza di un luogo e di una comunità pronti ad accoglierle.

Quando si fa la cena dei morti?

  • Il 2 novembre, in molti paesi della Sardegna, i bambini girano di casa in casa per la tradizionale questua dedicata alle anime dei defunti, mantenendo vivo un rito antico che cambia nome e sfumature a seconda delle diverse zone dell'isola.

    Nel Logudoro – Sardegna  centro-settentrionale – si chiama a pedire a sos mortos (chiedere per i morti). A Bonorva, ad esempio, viene preparato “sa forottula”, un pane unico ottenuto dall'impasto di pane “chivalzu”, rotondo e spiraliforme, donato ai primi sei bambini che bussano alle porte. I bambini lo indossano al polso come un bracciale, simbolo di buon augurio.

    Nella Baronia - nord est della Sardegna - viene chiamata Su peti cocone (chiedere pane):  a Siniscola la tradizione vuole che i bambini vadano in giro per le strade del paese con “Sas cussineras” cioè con delle federe di cuscino da riempire con le offerte degli abitanti del paese, mentre a Dorgali, il cesto tipico per raccogliere dolci e frutta secca era fatto di canna. 

  • Nel Nuorese – centro Sardegna – si celebra Su mortu-mortu: qui i sagrestani delle chiese, con campanello e bisacce, andavano di casa in casa intonando “su mortu-mortu”. In cambio ricevevano “sos pabassinos” (tipici dolci sardi), pane e frutta secca, che condividevano tra loro mentre suonavano i rintocchi funebri.

    In Ogliastra – lungo il versante orientale – si celebra Su Prugadoriu (il Purgatorio). A Seui, i bambini vestiti di bianco e con lanterne accese bussano alle porte pronunciando la frase “semus benius po is animeddas”, ovvero “siamo venuti per le anime”.

    Infine, nel sud dell’isola questa ricorrenza viene chiamata proprio Is Animeddas (piccole anime). Durante questa giornata, i piccoli questuanti ricevono dolci, frutta secca, pane, e talvolta anche qualche moneta, come offerta per le anime dei cari scomparsi. 

    Ancora oggi, i ragazzi, anche se spesso con abiti o zaini più moderni, mantengono viva questa tradizione, riportando nelle strade di Sardegna il ricordo e l’omaggio a chi non c’è più.

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